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THE FREESTON WORLD
UN PIONIERE SU DUE RUOTE
All’alba del 1900 il pluridecorato viaggiatore e scrittore Charles Lincoln Freeston presentò a Londra il resoconto di un’impresa esclusiva: il suo tour delle Alpi in bicicletta.  
Un tour in bicicletta condotto con al seguito la moglie e l’amico disegnatore Alfred Robert Quinton.
Intendiamoci: non una bici di oggi, con cambio o addirittura motore elettrico.  
E stiamo parlando di un migliaio di km su e giù per le montagne più alte del Continente, dal Lago di Thun allo Stelvio.
Si trattava di un nuovo modo di fare turismo, ma con qualcosa in più: la bicicletta era la porta d’ingresso nella nuova era dei trasporti senza cavalli.  
I primi mezzi motorizzati avevano due ruote, non quattro.
E gli appassionati di ciclismo come Freeston erano spesso anche appassionati di innovazione tecnologica.
La prima International Motor Exhibition fu organizzata nel 1897 dal tre volte campione mondiale di ciclismo Herbert Duncan e patrocinata dal Principe del Galles in persona; e Freeston era presente.
Ma la sfida più grande per il nostro pioniere doveva ancora partire.
Tieniti forte, perché è un’avventura unica. Te ne parleremo tra poco.
UN PALADINO DEL PROGRESSO
Prima però vogliamo farti conoscere meglio il nostro poliedrico ispiratore.
Freeston nacque nel 1865 a Rochdale, in Inghilterra, da una famiglia per certi versi moderna, razionalista e liberista. Le novità, le conquiste del progresso, erano di casa, e anche a scuola, a Manchester, si respiravano venti di riforma.
Alla maggiore età, Charles divenne giornalista e per un periodo fu segretario di un membro del Consiglio Privato di Sua Maestà.
Entrò poi in politica nel National Liberal Club, uno dei sodalizi più altolocati e progressisti della Londra vittoriana, tra i primi ad ammettere individui di genere, etnia, classe sociale e credo religioso diversi da ciò che era considerato normale.
E cos’era normale a quei tempi?
Era normale viaggiare in calesse e guardare le macchine come diavolerie.
Ma Freeston non era solo.
Trovò nella stampa progressista e nell’imprenditoria molti sostenitori.
Scrisse per i quotidiani più affermati, animò le prime riviste di auto, fu socio fondatore del Royal Automobile Club e del Royal Aero Club of Great Britain and Ireland.
Fu membro d’elezione della prestigiosa Royal Geographical Society, nata nel 1830 con lo scopo di “promuovere l’avanzamento della ricerca geografica”.
Farà poi parte dell’esclusivo Circle of 19th Century Motorists, accanto a campioni del ciclismo, ingegneri e celebrità del settore emergente come John Montagu, Arthur Bennett, Henry Ford…
Requisito di ammissione al Circle?
Aver posseduto o guidato un’auto precedentemente alla conclusione del Thousand Miles Trial del 1900.
E Freeston aveva ben tre auto.
Pensa che nello stesso periodo in Francia, che era la nazione più avanzata in fatto di auto, ce n’erano in tutto 3000!
LA SFIDA DI LONDRA
Ma Freeston andò ancora oltre.
Seguì da vicino le imprese dell’Herkomer Trophy, la prima corsa automobilistica sulle strade di montagna della Baviera, e le tappe appenniniche della Coppa d’Oro d’Italia.
I “motori ruggenti” degli esordi non bastavano più: ci volevano auto agili, ben areate e con un ottimo sterzo.
Destrezza, potenza e velocità: questo chiedevano le terre alte. E non tutti erano pronti a rispondere.
Così di fronte al suo amico e rivale di una vita, il capitano e costruttore Henry Hugh Peter Deasy, e a un manipolo di gentiluomini del Royal Automobile Club, Freeston disse: “Con un’auto adeguatamente preparata io attraverserò tutte le strade alte delle Alpi, come insieme abbiamo concordato.”
E questo fu l’inizio della sua avventura.
Dieci anni più tardi la sua Napier prima e la sua Sheffield-Simplex poi completarono la salita di 177 passi alpini.
Il capitano si fermò a 34.
GRAND TOUR 3.0
Perché proprio le Alpi?
Perché gli Inglesi amavano le Alpi.
Erano stati loro, nell’Ottocento, a dare il via all’esplorazione delle vette, con le loro mirabolanti escursioni, le prime salite e le misurazioni geodetiche.
I lettori britannici con i resoconti di Freeston, inviato speciale sul Continente, rivivevano gli scenari del viaggio per eccellenza.
E non era la prima volta.
I giovani aristocratici europei avevano preso a conoscere l’altrove, di qua e di là dai massicci di confine, già con la generazione dello Sturm und Drang, di Goethe e dei Romantici.
Viaggiavano in calesse, coi servi al seguito e qualche pellegrino incontrato per strada.
Inseguivano quella sete di conoscenza, di confronto e di democrazia che la Rivoluzione francese aveva diffuso un po’ ovunque. Imparavano il mondo, e scoprivano se stessi.
Poi era arrivato il treno e viaggiare era diventato più economico, più rapido, più comune.
Anche se i fasti dell’Orient Express di comune avevano ben poco: da Londra a Venezia, la porta d’Oriente, si passava per il Lago Maggiore, e poi su verso il Sempione, nel cuore delle Alpi.
La generazione di Freeston sperimentò la terza fase del Grand Tour, finalmente libera dalla schiavitù degli orari dei mezzi pubblici (il treno fino a una certa quota, poi la diligenza). Agli amanti dei viaggi bastò allora un’auto.
Con un libro nel cruscotto.
IL DIARIO CHE CONQUISTO' LA BELLE EPOQUE
I 177 passi descritti da Freeston fecero di The high-roads of the Alps un best seller.
Perché non si trattava di collezionare record: c’era molto di più.
Quel diario racchiudeva lo spirito di un vero esploratore, che viveva il viaggio per scoprire e conoscere. In uno spazio, quello alpino, che era stato a lungo terra incognita, e poi visto più come passaggio obbligato che come meta di piacevoli avventure.
Freeston dava alle Alpi un volto nuovo, appassionante e moderno come il secolo appena iniziato. E mostrava ai suoi contemporanei come abbracciare il progresso. Come rendere il mondo più vicino.
L’automobile stava diventando il mezzo per farlo, anche in montagna.
A noi oggi sembra scontato, abituati come siamo ad andare dove vogliamo con le nostre auto o a prendere un aereo e trovarci dall’altro capo del mondo dalla mattina alla sera. Ma allora non era così.
Anche nella scintillante Belle époque, con le Esposizioni universali e le imprese coloniali d’oltremare, erano in pochi a spostarsi non per necessità.
Il diario di Freeston diede l’avvio al turismo individuale.
Un modo di pensare, e di vivere, che si concretizzerà poi su vasta scala soltanto sessant’anni dopo, con le vacanze al mare in 500 e le gite in Vespa.
Con qualche spunto in più, che ce lo fa ammirare ancora oggi, provando ad imitarlo.
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